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Presentazione della traduzione ungherese di "Alla cieca" di Claudio Magris

Alla fine del 2007 e stato pubblicato in ungherese, a cura della casa editrice Europa, l’ultimo libro di Claudio Magris intitolato Alla cieca.

Il volume e stato presentato al pubblico ungherese il 12 gennaio scorso all’Istituto Italiano di Cultura di Budapest da Gyorgy Konrad, uno dei massimi prosatori contemporanei ungheresi, expresidente del Pen Club internazionale, e dall’autore.

In questo nuovo libro Magris, forse per la prima volta, si distacca dal solito documentarismo erudito per raccontare certi fatti e personaggi storici, alcuni vicini ed altri lontani nel tempo e nello spazio, in una forma piu propriamente romazesca, che in molte pagine rasenta la poesia.

Nella duplice figura del protagonista si fondono due tipi di eroi: il settecentesco avventuriero danese Jorgen Jorgensen, esperto navigatore fondatore di Hobart Town in Tasmania, che per brevissimo tempo fu re d’Islanda, per finire poi a Hobart condannato ai lavori forzati a vita, e Salvatore Cippico-Čipiko, combattente antifascista, comunista internazionalista, partigiano ed alla fine dichiarato traditore cominformista, deportato in tutte le carceri lager e gulag di tutti i regimi susseguitisi in Italia ed in Istria nel primo e nel secondo dopoguerra, emigrato alla fine in Australia. In poche parole il geniale e fondamentalmente altruista voltagabbana che, come un gatto, cade sempre in piedi, e l’eterno perdente che si trova sempre nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Le vicende eroiche ricevono una dimensione epica attraverso costanti riferimenti a Giasone ed al mito degli Argonauti, di cui viene messo in particolare risalto la paradossale necessita storica di imporre la civilta mediante la barbarie.

Ai fatti storici rievocati nella cornice narrativa di una "psicoterapia informatica” – durante la quale il protagonista novecentesco spiega allo psichiatra di essere il clone di Jorgensen – fanno da sfondo una serie di immagini di forte valenza poetica, prima fra tutte il mare come elemento primitivo da cui tutto parte ed in cui tutto finisce, e poi i colori: il rosso del fuoco, del sangue e della bandiera, il nero della morte, del nazismo, della cecità e del vagone sigillato in viaggio verso Dachau, il bianco della neve in Islanda, dell’ospedale, della vita dopo la morte. 
Un nuovo volto del grande scrittore triestino tutto da scoprire.

 Judit Gal

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